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Geisha

japan 1 20140310 1682857657“Geisha” termine che deriva da due kanji “Gei” o arte e “Sha” persona E’ di questi giorni la notizia che la prefettura di Kyoto ha installato dei cartelli lungo le strade del quartiere di Gion dove si chiede ai turisti di avere rispetto per le Geishe. Contemporaneamente molti Ochaia (casa da the) hanno predisposto un servizio di sorveglianza per proteggere sia le Geishe ma anche i loro facoltosi clienti, e questo dopo alcuni spiacevoli episodi ai limiti del verosimile. La volgare e morbosa curiosità del turismo di massa si spinge al punto da importunare le Geiko o le più giovani Maiko strattonandole per i vestiti o inseguendole per toccare loro i capelli e capire se siano veri o una parrucca. Artiste, raffinate intrattenitrici, abili nell’arte della conversazione, esperte nella danza e nel canto le Geishe sono nel mondo moderno quasi un contrasto stridente.

La loro identità è al di là del tempo e dello spazio fisico dove operano.Nella cultura giapponese la “Geiko” è una donna icona di fascino e di raffinata sensualità al di là dei canoni di bellezza comuni. Ancora oggi uomini d’affari e politici si contendono il privilegio di potere passare una sera in un Ochaia insieme ad una Geisha. Prima della seconda guerra mondiale a Kyoto vi erano circa ottantamila Geishe oggi se ne contano circa un migliaio. Ma se per i giapponesi il rispetto nei confronti di queste donne eteree e raffinate è massimo, non si può dire lo stesso per i turisti che, attirati da romanzi e favolistiche storie, arrivano in carovane ciarlanti invadono il quartiere di Gion e iniziano un vero e proprio safari a caccia di Geishe. Il loro essere inopportuni li spinge ad entrare all’interno di abitazioni e Ochaia pur di immortalare qualcosa che credono sia messo lì in una sorta di spot turistico e non sia una realtà diversa e lontana anni luce dalla loro. Quanto sia invasivo questo comportamento è comprensibile solo facendo alcune premesse. La città di Kyoto è una delle città più raffinate del Giappone. Particolare, nel suo essere una città segreta, dove il bello non viene urlato ma solo sussurrato. All’interno delle case si trovano meravigliosi giardini ma ad un occhio superficiale l’ingresso di quelle case appare quasi disadorno e sicuramente poco interessante.

Scoprire la Kyoto segreta è un viaggio nel viaggio, una sorta di evoluzione dell’io alla ricerca del bello. Con questa premessa si capisce come un quartiere come Gion, antico, storico, dichiarato patrimonio dell’umanità e protetto dagli abitanti della città come un prezioso gioiello viene letteralmente stuprato da folle di turisti da “vacanza tutto compreso” che non conoscono nulla della storia e della cultura di questo popolo e arrivano con i loro pullman a caccia della curiosità esotica e non alla ricerca del bello.

Articolo e foto di Gianfranco Spatola

But Baxt ta Sastipè


che voi possiate essere sani e fortunati

campo rom palermo 13 20140311 1278630753Piove, è giovedì e sono le 8 del mattino a Palermo. Il campo nomadi si trova in una nicchia della Palermo bene, vicino lo Stadio delle Palme e poco distante dallo stadio di calcio.
E' immerso nella riserva di caccia reale del parco della favorita. Diversi atleti e semplici cittadini si alzano presto per allenarsi anche prima del lavoro.
Sono già stato al campo Rom per chiedere il permesso di fare qualche scatto. Ho parlato con delle donne ma è necessario parlare con i responsabile del campo.
I capi in effetti sono tre, di tre etnie differenti. La pioggia ed il mattino presto possono aiutarmi. Non ho portato apposta l'ombrello. Mi lascio bagnare.
Parlo con Beriò e Alì e ho il permesso di fare foto. Mi portano in giro e mi fanno da guida. Poi la pioggia aumenta e mi lasciano correndo sulle loro ciabattine incrociate tra pozzanghere e fango, mani in tasca stretti nelle loro giacchette luride.
Da una baracca esce musica a tutto volume che rompe il grigiore della giornata. E' Alexian Santino Spinelli, un virtuoso. Collabora con i suoi testi con l'università di Trieste dove si fanno studi sulla lingua Rom.
Manca l'acqua e le cisterne lasciate dal Comune sono vuoti a perdere ad abbellire il paesaggio. Molte donne raccolgono quella piovana con tini e bacinelle. Laveranno i panni un'altra volta.
Non ho notato servizi igienici in tutto il campo. Qui e là segni di falò ed immondizia bruciata.
Si brucia un pò di tutto. Sia se nasce un bambino, se è giorno di mestruazioni, se si parte o se si è arrivati.
All'improvviso arriva sotto una pioggia battente l'autobotte comunale. E' quasi festa.
Parlo con diverse famiglie di vari argomenti. L'assedio serale dei ratti che infestano tutto il campo, l'educazione dei figli alla scuola dove dovrebbero frequentare ma che disertano dopo poco tempo dall'iscrizione.
Perché? chiedo io. Elemosina, rispondono. Un bambino può produrre circa 200€ al giorno soltanto con l'elemosina.
Conosco famiglie di varie provenienze. Un gruppo proviene dal Kosovo, sfollati dopo la guerra e sono musulmani. Sono questi i Rom Khorak Hane; poi i Rom Dasik Hane, cristiani ortodossi-serbi e ancora i Rom musulmani montenegrini che vivono in fondo al campo.
Questa è in un'unica parola la gente zingara a Palermo. Li vedo costretti a vivere in condizioni di degrado e sporcizia. Vivono in roulotte che sembrano abbandonate su un enorme spiazzo incolto e fangoso. Tutt’intorno mucchi di spazzatura e baracche cadenti. A causa della scarsa igiene due bambini sono morti per via della meningite.
Dell'anno scorso è la notizia di una bambina morsa da un ratto. Poi catturato è stato pesato 2,5 kg.
Ho incontrato la bimba che adesso ha 3 anni e sta bene. S'è fatta fotografare con il fratellino mentre mi sorrideva sotto una pensilina al riparo dalla pioggia.
I Rom definiti nomadi, clandestini, zingari, ancora oggi sono chiamati da qualcuno “Figli del vento”, definizione che più che altro rispecchia la loro atavica tendenza a levare metaforicamente le tende quando le cose si mettono male.
Ho visto anche zingari felici ... cantava Claudio Lolli.
Abbastanza allegri di sicuro, proprio felici non direi.

di Nino Pillitteri

Oreto-Bandita

di nino pillitteri

oreto bandita 2014 1 20211016 1159165538Palermo è una città di mare dove non lo vedi quasi mai. Via Messina Marine costeggia, dopo il porto e il Foro Italico, un tratto che comprende il fiume Oreto fino al quartiere Bandita dimenticato dalle autorità sin dai tempi della seconda guerra mondiale. Dimenticato proprio non è il termine migliore per definire il fatto di essere ricordati come la prima discarica di macerie dopo la guerra, o il primo sito di carico di sabbia di mare utilizzato abusivamente durante il sacco di Palermo dalla fine degli anni '60 nel periodo in cui in una notte venivano demolite palazzine in stile Liberty ed innalzate le fondamenta per la costruzione di scheletri in cemento alleggerito per palazzoni di periferia. La sabbia veniva da lì. Poi del resto sono stato ingiusto a definirla come area abbandonata dalle autorità. E' vero prima di ogni elezione è una zona battutissima, fonte inesauribile di voti, molti di scambio è serbatoio inesauribile. Una fogna a cielo aperto praticamente il fiume Oreto che scorre dal cuore Conca d'Oro verso il mare. Bagnanti russi prendono il sole e si tuffano felici tra le onde e le macerie. Dietro la spiaggia nasce un quartiere senza nome, senza nome sono anche le strade. Le case non hanno allacci fognari in quanto non appena costruite sono state occupate illegalmente. Il tratto tra il fiume Oreto ed il quartiere Bandita è una zona difficile. Poco più in là si arriva al quartiere Brancaccio centro di organizzazione e smercio di stupefacenti e non solo. Allevamento e vivaio di giovani boss la cui età media dopo gli ultimi arresti celebri è scesa tra i 18 ed i 25 anni. Brancaccio quartiere di eroi silenziosi e martiri come Padre Puglisi. Ancora riecheggiano nell'aria le sue ultime parole serene ma non rassegnate al suo boia, Salvatore Grigoli che dopo la cattura, il pentimento e la conversione le ricorda alla stampa: “me l'aspettavo”.
Si cammina con scarponi robusti tra gli argini del fiume e sul greto inaridito. Sotto un ponte alcuni giovani smontano, fino a ridurlo ad una carcassa senza anima, un vespino bianco. Il filo dell'acceleratore penzola inerte senza più tensione da una parte. Una vena antropomorfa sradicata dal suo organismo vitale. Da sopra il ponte continuano a scorrere lenti i mezzi pesanti incuranti di ciò che accade qui sotto.
- “Sii sbirru?”
No, fotografo artistico.
Allura fanni à fotografia.
Si scambiano 4 parole sul quartiere. Non c'è illusione né amarezza. Nel frattempo continuano a smontare anche un altro motorino. Ricaveranno dalla vendita dei pezzi di ricambio forse cento euro; un paio di giorni per tirare avanti.

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