Si è spento Nino Giaramidaro - 28 maggio 2024
Se n'è andato così, Nino qui ritratto con Letizia Battaglia. Un grande amico. Uno che tracciava solchi profondi. Uno dei primi ad arrivare sui luoghi del Belice dopo il terremoto, in vespa nel 1968 e che poi rimarrà ad aiutare a scavare per settimane. Severo ma giusto. Ironico e divertente. Di quella volta che commissionò al giovane Tony Gentile diverse foto di una portaerei americana ancorata al porto di Palermo. Li oltre la nave non c'era nessuno in banchina e vista da destra o sinistra la foto era praticamente la stessa e Tony ne scattò solo una e gliela comnsegnò. Quando uscì dalla busta quell'unica foto, lui che ne aveva chieste diverse e con ufficiali e marinai e picchetti esclamò: " ma cu arrivò Cartier Bresson?"
Mi aveva coinvolto in Dialoghi Mediterranei anni fa e di tanto in tanto scrivevo un pezzo corredato di foto. L'ultimo, sul viaggio in Uzbekistan, gli era piaciuto tanto e ne aveva scritto una sua versione immaginando un ideale di Samarcanda dalla sua poltrona di casa. Poi al telefono mi diceva che ci sarebbe voluto andare con sua moglie Enza...
qui alcuni dei suoi scatti e fra questi il mio shot preferito: scatto ripreso dopo un attentato dell'ETA a Madrid. Ciao Nino e Buona Luce
Dialoghi Mediterranei 67- 1 maggio 2024
https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/
foto di Nino Giaramidaro
EDITORIALE; Linda Armano, Dov’è il campo? Riflessioni metodologiche sull’inaccesso etnografico; Paolo Attanasio, Clima e migrazioni: un nodo scorsoio da sciogliere; Francesco Azzarello, L’incoerenza del nostro tempo, le cose e le non-cose e Caspar David Friedrich; Alberto Giovanni Biuso, Il disincanto gnostico di Camus; Michela Buonvino, Performance culturali, politiche dell’identità e sfera pubblica islamica nel Marocco contemporaneo; Marina Castiglione, Una laurea lunga una vita (e qualcosa in più); Paolo A. Cherchi, L’Impero Genovese nel “Tirant lo Blanc”; Fabio Dei, Logocentrismo critico; Luca Di Sciullo, Linee per una futura agenda di riforma delle politiche migratorie nazionali; Dario Inglese, Dai protocolli al campo. La sfida interculturale della scuola italiana; Giovanni Isgrò, Il teatro evangelizzatore dei Francescani nella Nueva Espaňa; Pietro Li Causi, Prima della “Wilderness”: le terre selvagge nel mondo greco-romano; Luca Renzi, L’Ifigenia di Goethe, il mito greco come metafora per la terra di Cutro?; Roberto Settembre, Il diritto internazionale fra storia e nuova preistoria: ragioni per un giudizio in tempo di guerre; Lauso Zagato, Quella innocente parola.
GAZA E DINTORNI Francesca M. Corrao, Da Harward Gaza è lontana. Sull’importanza del dialogo; Giovanni Gugg, L’ascolto come antidoto all’odio. Ascoltare David Grossman; Vincenzo Meale, Gaza, da tranquilla cittadina di provincia a capitale di uno “Stato-canaglia”?; Enzo Pace, Gaza: l’insostenibile leggerezza degli effetti collaterali; Elio Rindone, Gaza oggi: e ieri?
IL CENTRO IN PERIFERIA Pietro Clemente, I Cento fiori delle aree interne e le minacce della destra; Alessandro Simonicca, Aree protette, parchi e antropologi; Giuseppe Lattanzi, Nicola Martellozzo, La processione delle Torce a Sonnino: i fuochi di una tradizione viva; Costantino Cossu, Marmilla, tra scorie e spopolamento; Fabrizio Ferreri*, La forza di ogni centro sono i suoi limiti ultimi: il pensiero meridiano e il margine; Olimpia Niglio, La Comunità non abita più qui; Maddalena Burzacchi, La campagna ritrovata, transizioni e contraddizioni. Note su un convegno; Giada Cerri, Memoria e rigenerazione di un luogo di confine; Paolo Nardini, Roberto Ferretti quaranta anni dopo; Sandra Ferracuti, Collezioni matrigne. “Oggetti etnologici” in cerca di casa.
SARDEGNA/LETTURE Nicolò Atzori, L’importanza di conoscersi: l’isola alla prova di sé stessa; Giacomo Mameli, Quo vadis Sardinia? Uno sguardo aperto al futuro, contro le eterne geremiadi; Sandro Ruju, L’Isola post-industriale, fragilità e potenzialità; Andrea Francesco Zedda, Industria e storie di vita. Sull’analisi antropologica del passato industriale.
TUNISIA Lorenzo Bonazzi*, La storia di Ida, mia nonna, una donna italo-tunisina; Mohamed Challouf, Hergla e il cinema. Quello che io devo a Rossellini; Mariza D’Anna, Ritorno a Massicault. Una memoria familiare; Diletta D’Ascia, Nidhal Chatta, «le cinema avec un souffle» venuto dal deserto e dal mare; Jevan Joseph Pudota*, La tradizione afro-tunisina Stambeli: il presente e il contesto; Carmelo Russo, Siciliani di Tunisia e relazioni interreligiose (1930-1960). Dall’enfasi del mescolamento all’oblio delle conversioni all’islam.
WJ #142 Febbraio 2024
Antifascisti a testa alta
La vicenda di Ilaria Salis, l’insegnante e attivista antifascista detenuta in attesa di giudizio in Ungheria con l’accusa di aver aggredito due militanti di estrema destra, oltre che motivo di grande angoscia per la sua famiglia, dopo mesi di oblio, è diventato prima un caso mediatico, quindi l’ennesimo terreno di scontro politico.
Naturalmente uno dei primi a sparare ad alzo zero è stato l’onnipresente Salvini, impegnato a superare a destra l’alleato Meloni ogni volta che se ne presenti l’occasione. Con le solite modalità politicamente scorrette che tanto piacciono alla parte più becera del suo elettorato, il Ministro delle infrastrutture ha messo temporaneamente in pensione il tormentone “prima gli italiani” per scaricare sulla nostra connazionale un po’ di sana propaganda sui centri sociali, perché l’ignoranza è un bene prezioso da coltivare tutti i santi giorni. Poco o nulla ha detto sull’Ungheria e sul mancato rispetto dei diritti civili del governo Orban, aggiungendo un bel “mi dispiace ma non sono affari miei” sulle condizioni di detenzione e sugli altri abusi denunciati dai media e, come se non bastasse, ha rincarato la dose con un bell’anatema sul futuro lavorativo della Salis al suo rientro in Italia.
Per screditare ulteriormente la nostra connazionale agli occhi dell’opinione pubblica e agevolarne la conseguente condanna morale, Salvini come fa spesso ha usato la tecnica delle mezze verità, ricordando un vecchio episodio, la contestazione presso un gazebo elettorale della Lega, dalla cui denuncia era scaturito un processo a carico anche della Salis poi conclusosi con una assoluzione piena.
Quanto appena scritto su Salvini non sorprende ed è tutt’altro che una novità. Il leader della Lega è un disco rotto che anche i bambini hanno imparato a memoria. Quello che stona e preoccupa è ascoltare questi discorsi, così come altri più o meno sulla stessa linea pronunciati da esponenti della maggioranza, mentre in Germania proprio in queste settimane abbiamo visto decine di migliaia di cittadini tedeschi scendere in piazza contro l’AFD, la destra vicina ai gruppi neonazisti, solo per ricordare a tutti che l’antifascismo non è negoziabile in nessun modo.
Opporsi ai totalitarismi, compresi quelli che come fantasmi, qualcuno vorrebbe riesumare dalla soffitta non è né un reato, né una colpa. Semmai una imprescindibile necessità.
La redazione Witness Journal
Premio Mario Francese 2024 a Sirignano e Iannacone
Sono Lara Sirignano e Domenico Iannacone i vincitori della XXV edizione del Premio giornalistico Mario e Giuseppe Francese. La cerimonia di premiazione, condotta dalla giornalista Rai del Tgr Sicilia Lidia Tilotta, si svolgerà martedì 6 febbraio al Teatro Santa Cecilia di Palermo.
A Lara Sirignano va il Premio Mario Francese. Alla cronista dell'Ansa, al suo modo di svolgere la professione giornalistica, vengono riconosciute indipendenza, tempestività e impegno civile. Lara Sirignano segue a Mario Barresi, vincitore del premio nel 2022.
Domenico Iannacone, reporter e conduttore - tra gli altri - de I dieci comandamenti andati in onda su Rai Tre, viene premiato per la capacità di unire nella sua narrazione la migliore tradizione del giornalismo italiano con echi del cinema neorealista e dell'inchiesta pasoliniana. Nel 2022 il Premio Giuseppe Francese era andato a Lucia Sgueglia.
Le motivazioni del conferimento dei due premi saranno rese note durante la cerimonia.
Ospite dell’edizione 2023-24 del Premio Francese sarà Edoardo Purgatori, attore e figlio del giornalista Andrea Purgatori, cui sarà conferito il Premio Francese alla memoria.
"Andare, vedere, raccontare. La sfida del giornalismo" è il tema oggetto del concorso cinematografico che rappresenta la sezione del Premio Mario e Giuseppe Francese riservata alle scuole. Sono otto le scuole finaliste: (in ordine alfabetico) Archimede (Messina) con il video L'onorevole, l'uomo d'onore, l'onesto; Benedetto Croce (Palermo) con il video Il passo dell'onda; Calvino-Amico (Trapani) con il video Io sento, io vedo, io parlo; Danilo Dolci (Palermo) con il video L'opera dei pupi antimafia; Minutoli (Messina) con il video Verità di ieri e di oggi; Rosina Salvo (Trapani) con il video Il mestiere di giornalista tra ieri e oggi; Sciascia-Fermi (Sant'Agata di Militello) con il video La voce del futuro; Vittorio Emanuele III (Palermo) con il video Odio l'indifferenza.
Uno tra questi sarà il lavoro premiato dalla Commissione, che è presieduta da Gaetano Savatteri e composta da Felice Cavallaro, Salvatore Cusimano, Silvia Francese, Roberto Gueli, Tiziana Martorana, Franco Nicastro, Nello Scavo e Lidia Tilotta.
Durante la manifestazione sono previsti anche alcuni momenti musicali a cura della fondazione The Brass Group.
Galleria FIAF: Arvis Palermo - Patrizia Galia
Si apre uno dei miei cassetti privati dove ho stratificato alcuni anni di vita, un cassetto mai chiuso del tutto.
Grazie Arvis Palermo per questa possibilità, grazie Lorella Aiosa per la pazienza e l'entusiasmo.
Vi aspetto a Palermo.
Da Moltivolti la collettiva fotografica di Osservatorio Ballarò #3: "I nostri occhi sul quartiere"
Moltivolti -Palermo
Dal 1 dicembre 2023 al 31 luglio 2024
Tutti i giorni, dalle 9.00 alle 00.00 Gratuito
Inaugurazione 01 Dicembre 2023 presso Moltivolti, Via Giuseppe Mario Puglia, 21 - Palermo ore 18.30
Contribuire alla salvaguardia, al recupero e alla valorizzazione dei punti forza del quartiere, denunciare le carenze e le debolezze sociali e strutturali del quartiere.
Da Moltivolti la mostra di Osservatorio Ballarò, un gruppo di fotografi, operatori economici e sociali, psicologi e architetti che partendo dall'osservazione del quartiere di Ballarò, crocevia di varie comunità e umanità contribuisce alla salvaguardia, al recupero e alla valorizzazione dei punti forza del quartiere.
Un progetto a lungo termine permanente con il contributo di: Paolo Barbera, Gregorio Bertolini, Patrizia Bognanni, Giovanni Cerami, Toti Clemente, Zri Mario Conti, Salvo Cristaudo, Nino Pillitteri, Giusi Tarantino, Luca Vitello.
Scomparso il fotografo Elliott Erwitt, lo sguardo diverso
È morto il 30 novembre a New York un maestro del Novecento. Artista del bianco e nero, fotografò i grandi e la gente comune con dolcezza e ironia. Da bambino visse a Milano e fu una colonna della Magnum.
Nato a Parigi il 26 luglio 1928 da genitori ebrei di origini russe, Erwitt aveva trascorso la sua infanzia a Milano, fino a quando, nel 1939, si trasferisce negli Stati Uniti con la famiglia per fuggire dalle leggi razziali. L’adolescenza l’avrebbe passata a Hollywood, dove inizia presto a lavorare nella camera oscura di uno studio fotografico prima di iscriversi a un corso di fotografia presso il Los Angeles City College. Nel 1948 si sposta a New York dove studia cinema alla New School of Social Research. Nel 1949 decide di tornare in Italia e in Francia dove, questa volta, arriverà da fotografo, accompagnato dalla sua fedele Rolleiflex. Nel 1951 presta il servizio militare per l’esercito statunitense in Germania e Francia, dove avrà modo di scattare ancora fotografie.
«St. James’s Park. Londra, 1952» (Erwitt /Magnum Photos; Archivio Corsera)
La svolta per la sua carriera di fotografo avviene però a New York, quando conosce Robert Capa, Edward Steichen e Roy Stryker. Proprio quest’ultimo lo avrebbe assunto alla Standard Oil Company per un libro fotografico e un reportage sulla città di Pittsburgh. Nel 1953 Erwitt entra a far parte dell’agenzia Magnum e contemporaneamente inizia a collaborare come freelance con riviste del calibro di «Life». Alla fine degli anni Sessanta è presidente della Magnum per tre anni.
Dopo questo periodo inizia la carriera di fotografo indipendente, lavorando per «Collier’s», «Look», «Life», «Holiday» e per aziende come le compagnie aeree Air France e Klm. Dagli anni Settanta Erwitt si sarebbe concentrato sul cinema, realizzando film e documentari, trasformandosi di volta in volta in operatore addetto alla camera per Gimme Shelter (1970), in fotografo di scena per Bob Dylan: No Direction Home (2005) e in fotografo aggiunto per Get Out Yer Ya Ya (2009).
Elliot Erwitt è stato un fotografo universalmente riconosciuto per la delicata ironia del suo sguardo, che ha sempre preferito rivolgere alle assurdità presenti nella nostra società piuttosto che alle sue patologie. Pur prendendo estremamente sul serio la fotografia, ha sempre sostenuto l’estrema importanza dell’umorismo: «Fare ridere le persone è uno dei più grandi risultati che si possano raggiungere. È molto difficile, per questo mi piace». L’ironia di Erwitt appariva sempre presente, in ogni scatto, in ogni situazione (nella serie Icons come nella serie Family a cui il Mudec di Milano ha dedicato nel 2020 una bella mostra). Uno sguardo rivolto al mondo sempre bonario, accompagnato da una buona dose d’accondiscendenza.
I cani sono stati uno dei suoi soggetti preferiti e non perché ne fosse particolarmente affascinato, ma perché con i loro atteggiamento naturale e irriverente, fungono da perfetto contraltare alla pomposità e alla ricercata compostezza dei loro padroni. La sua spiccata attenzione nei confronti degli aspetti apparentemente più frivoli della società, lo avrebbe resero un protagonista sui generis della straordinaria fucina della Magnum. Eppure anche quando si sarebbe cimentato nel più classico fotogiornalismo, Erwitt avrebbe saputo regalare ai suoi «spettatori» immagini in grado di fissare nella memoria di intere generazioni passaggi storici di portata mondiale: dalla foto di Jacqueline Kennedy durante il funerale del marito, a quella di Richard Nixon che punta il dito sul petto di Nikita Kruscev, dai ritratti di Che Guevara a quelli di Marilyn Monroe.
IS-LAND - Mostra fotografica di Fabio Sgroi al Real Ambergo delle Povere di Palermo
"Un Fabio Sgroi che non conoscevo si è rivelato nell’annunciata mostra inaugurata ieri a Palermo, al Real Albergo delle Povere di Corso Calatafimi, e che ha accolto una massa di appassionati di fotografia e non solo.
Fra i tanti, al vernissage era presente anche l’amico fotografo Melo Minnella che a sua volta, sabato 7 ottobre, inaugurerà la mostra “Paesaggi, memorie e astrazioni. La Sicilia di Melo Minnella” al Museo Civico di Castelbuono.
Alla mostra Sgroi ha esposto immagini naturalistiche in bianco e nero, eccellentemente stampate da Davide Guadagna (PrintAndGo), e presentate con un taglio panoramico.
Un insieme di immagini allocate in un ambiente che connotavano le singole foto, a mio parere, come tanti tasselli di un’unica installazione artistica." (continua su: https://laquartadimensionescritti.blo...)
Reportage fotografico e montaggio: Toti Clemente (https://angolinodelfotoamatore.blogsp...)
R.G. - una lezione di fotografia sulle tracce di Ghirri
di Giorgio Rossi vai all'artticolo Originale
Chiedere al nostro amico Giorgio Rossi che lavoro facesse gli riportava alla mente la scena di Ecco Bombo quando un giovane Nanni Moretti chiede ad una ragazza che cosa fa nella vita. Lei risponde con un vago “mi interesso di molte cose, cinema, teatro, fotografia, musica, leggo…" Lui insiste: “concretamente? che lavoro fai? Come campi?” Lei risponde: “ma te l’ho detto, giro, vedo gente, faccio cose…”
Buona lettura a tutti
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